Un’analisi scientifica dell’evento durante la Settimana della Protezione civile a Trento, in un convegno internazionale dedicato al rischio alluvionale
“Di fronte a cambiamenti climatici che incidono fortemente sugli eventi calamitosi, è ora meno possibile fare affidamento sull’esperienza per prevenire possibili eventi futuri. Per questo, è fondamentale che chi frequenta la montagna prenda coscienza del fatto che il rischio zero non esiste ed agisca con cautela, ad esempio rendendosi conto che nei periodi più caldi il rischio di crolli di masse glaciali aumenta”. Così Alberto Bellin, professore ordinario di costruzioni idrauliche del Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica all’Università di Trento e consulente della Procura a seguito della tragedia del 3 luglio 2022 in Marmolada. Le analisi compiute in collaborazione con il glaciologo dell’Università di Pisa Carlo Baroni hanno evidenziato come “nei giorni precedenti non ci fossero segni premonitori evidenti di un crollo imminente” ha spiegato Bellin, parlando per la prima volta in pubblico della questione nell’ambito del convegno internazionale dedicato al rischio alluvionale, inserito nel programma della Settimana della Protezione civile che si è tenuta a Trento dal 9 al 15 ottobre.
Il crollo del ghiacciaio di punta Rocca era dunque imprevedibile. Gli approfondimenti scientifici hanno poi stabilito che la resistenza del ghiaccio sul fondo roccioso è diminuita a causa della presenza di acqua liquida in seguito all’innalzamento della temperatura durante l’intero periodo estivo: “Questo ha fatto sì che gli sforzi tangenziali all’interno del ghiacciaio siano aumentati, fino alla rottura della massa” sono state le sue parole.
Numerosi sono gli spunti emersi dal confronto tra i tecnici dei territori italiani dell’Arco alpino, in una tavola rotonda. Al centro del dibattito, moderato dal dirigente generale del Dipartimento Protezione civile, foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento Raffaele De Col, la compatibilità con i cambiamenti climatici di opere realizzate per mitigare gli effetti del pericolo alluvionale. Sul palco della sala della Cooperazione sono intervenuti, tra gli altri, Martina Bussettini (Ispra), Roberto Coali (ex dirigente del Servizio Bacini montani in Trentino), Michele Ferri (Autorità di bacino Distrettuale delle Alpi Orientali), Fabio Da Re (Regione Veneto), Fabio De Polo (Provincia autonoma di Bolzano), Daniele Drago (Regione Piemonte), Stefano Fait (dirigente del Servizio Prevenzione rischi e Cue della Provincia autonoma di Trento), Andrea Piccin (Regione Lombardia), Paolo Ropele (Regione autonoma Valle d’Aosta).
I relatori hanno messo in luce sia la necessità di garantire la sicurezza dei territori attraverso i necessari investimenti, sia l’importanza di favorire la conoscenza dei cittadini sulla loro esposizione al rischio residuo, secondo quanto riportato nelle Carte della pericolosità.